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Francesco Cusa, Gaia Mattiuzzi, Xabier Iriondo. "SKINSHOUT" - ALTAI: music for the Wu Ming's book.

by Francesco Cusa

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Altai 02:33
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about

Nel 2010 ebbi questa idea: realizzare una colonna sonora del libro di Wu Ming: "Altai". Scrissi delle piccole partiture di testo cui e le usammo come partiture "musicali" per creare le ambientazioni sonore del romanzo.

Note di copertina – di Wu Ming
"Sì, è davvero un «urlo della pelle» quello del duo Skinshout, qui in combutta con Xabier Iriondo e i suoi strumenti inauditi (come il Mahai Metak, subdolo bouzouki dell’inferno). E come suol dirsi, tutto torna: il nostro Altai è infatti un romanzo di grida ed epidermidi urlanti, di scuoiamenti, di uscite di serpenti dalla propria pelle. Questa possibile colonna sonora del libro rende udibile lo skin shout del protagonista, Manuel Cardoso, durante la sua muta, la sua uscita dalla crisalide europea. Metamorfosi che, da bruco, lo trasforma in… un altro bruco. Dalle foci del Po verso oriente, la fuga non è un volo di farfalla, ma uno strisciare ventre a terra. Solo a Costantinopoli si guadagnerà l’ammissione ai vertebrati, nella classe degli uccelli, famiglia dei falconidi. E scoprirà che non basta. In diversi dialetti dell’Italia settentrionale «al tai» significa «il taglio». Taglio netto (illusorio, vagheggiato, vaneggiato) col passato, con la madre, con le radici, e poi nell’altra direzione: con l’occidente, con l’Europa. Questa musica riproduce il «taglio», lo rappresenta acusticamente. È una musica di cesura, coupure, contrasto netto, la voce è una lama che opera tagli in più direzioni, fende i suoni da est e da ovest. La voce è il conflitto. La voce è un’impotenza che cerca un impossibile, un punto fermo su cui insistere. Ma non lo trova. L’urlo della pelle di Manuel è tutto in queste tracce. E non c’è consolazione. Cusa, Mattiuzzi e Iriondo non portano pace: portano una spada. E un bouzouki."

Fuga da Venezia – 2:50
Settembre 1569, fuga da Venezia. Rumore di passi, sospiri, vocalizzi reali e immaginati. Manuel si aggira per le calli all’imbrunire, braccato dagli sgherri che egli stesso comandava fino a poche ore prima. Una gondola lo porta via, le voci si allontanano nella bruma insieme a San Marco. Sfilano i palazzi, seminascosti dalla tenebra. Più che distinguerli con nettezza, ne avvertiamo la mole. La memoria riempie i vuoti dove gli occhi non colgono. Dissolvimento, dissolvenza.

Verso Salonicco – 2:00
Attraverso i Balcani, ancora in fuga, sempre tra acque e terra. Sul fiume Axios attraverso la Macedonia, fino all’Estuario che sbocca nell’Egeo. Stavolta Manuel non è solo, invano chiede dove lo stiano portando. La voce è remota: è l’eco dell’inseguimento veneziano rimasta nelle orecchie? Oppure è ciò che attende più avanti? L’acqua intorno a noi è quella del Golfo Termaico. Benvenuti a Salonicco.

Il mercato di Salonicco – 2:15
Il mercato: richiami di venditrici, «Berendjenas! Guevos! Poyo! Sevoya!» Musichette giungono dal fondo della piazza, si insinuano curiose tra le bancarelle, fanno da bordone ai rumori di mille mestieri, stappare di contenitori, cigolii di arnesi di legno.

Le mura di Costantinopoli – 1:47
Costantinopoli, dicembre 1569. Entriamo dal mare, la giornata è fredda e turbinosa. Il ritmo è quello di un avvicinamento, come un «Bydlo» di Mussorgsky dall’incedere estenuato. Puzzo di morte, escrementi, urina: il nostro arrivo è salutato come si conviene. L’ultima notte di sonno risale a chissà quando.

I tre venti che flagellano Costantinopoli – 2:42
I venti che sferzano Istanbul, agguato di tre flagellatori. Sentiamo gli schiocchi dei loro scudisci e, per la prima volta, quelle che udiamo sono parole, passiamo in rassegna interi mondi: italiani a crocchi, veneti e genovesi, olandesi rubizzi, francesi, moscoviti foderati di pelliccia…

Altai – 2:34
Altai. La title-track raduna tutti i significati del nome: la catena degli Altai, i «monti d’oro». I popoli altaici e le loro lingue. Il luogo di origine del falco altaicus. Siamo sospesi in volo, a testa in giù e circondati d’azzurro, nell’istante di stallo che precede la picchiata. Le voci giungono da sotto, dalla pelle del pianeta, e il rumore del mondo è soltanto un brusìo… Poi inizia la picchiata.

Arrivo a Famagosta – 1:43
Pezzi di Famagosta ci vengono incontro. L’arrivo in una città agonizzante, spezzata da un anno di assedio, è accolto da rottami, assi annerite, botti sfondate. Una veste femminile galleggia sulle onde, insieme a uno stendardo sfilacciato e crivellato di colpi.

Il bombardiere di Famagosta – 1:27
Una scena vastissima, immane. I cannoni battono la città, incessanti, simili a giganteschi fabbri ferrai, nudi e sudati, come sulla moneta da cinquanta lire. Un mare di bandiere garrisce nel vento e la musica di guerra suona, monotona e stridente.

La battaglia di Lepanto (Schieramento delle navi) – 2:49
Lepanto, o meglio: Isole Echinadi. Suona il bouzouki dell’Ade, le flotte sono ancora lontane ma la tragedia è imminente. Vedi? Laggiù ci sono tutti i migliori capitani. C’è Ucciali, il calabrese. C’è Caracoggia, c’è il comandante Scirocco. C’è il figlio del Muezzin, il coraggio non gli manca di certo. E ci sarà anche Mimi Reis, all’anima di chi v’ha mmuerte.

La battaglia di Lepanto (Galleggiare di vivi, di morti e di detriti) – 1:54
L’ultima traccia è post-orgasmica: sul mare di sborra di guerra si macerano, frolli, i resti dello scontro. Et stetit mare a fervore suo, sazio del sacrificio di migliaia. Ottobre 1571.

credits

released January 1, 2011

Gaia Mattiuzzi vocals
Francesco Cusa batteria , percussioni
Xabier Iriondo effetti

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about

Francesco Cusa Catania, Italy

Francesco Cusa
Drummer, composer and writer, Francesco Cusa was born in Catania in 1966. He performed with well-known musicians.
He was promoting member of Bassesfere Collective and is currently involved in an association for promoting improvised and avant-garde music, the project/label "Improvvisatore Involontario". He is also a writer of books of novels and poems
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